Formazione Analisi Junghiana

Nella sua ormai cinquantenaria tradizione, pur nelle modifiche rese necessarie da nuove acquisizioni e dallo spirito dei tempi, il CIPA ha sempre costruito i propri training di formazione analitica attorno a tre pilastri: l'analisi personale, la supervisione dei casi clinici, i seminari teorici.
Dopo l'entrata in vigore della Legge 18.02.1989 n. 56 concernente l'ordinamento della professione di psicologo e il DM 11.12.1998 n. 509 sul riconoscimento degli Istituti abilitati alla formazione psicoterapeutica, il CIPA ha richiesto e ottenuto dal MIUR l'accreditamento alla formazione psicoterapeutica, differenziando al proprio interno i Corsi di formazione analitica.
Ne è nata, da un lato, la Scuola di Specializzazione in psicoterapia ad indirizzo junghiano, rivolta a medici e psicologi iscritti ai relativi Albi e, dall'altro lato, i Corsi per Psicologi Analisti dell'età adulta e dell'età evolutiva rivolti a chi è già in possesso del titolo di psicoterapeuta.

La Scuola di psicoterapia, accanto ai tre pilastri formativi prima indicati, ne prevede un quarto: quello dei tirocini in strutture convenzionate con la Scuola e accreditate dal MIUR. L'accesso alla Scuola è subordinato al superamento dei colloqui di selezione e la durata è di quattro anni. Accanto ai tirocini e alle lezioni teoriche (distribuite all'interno di quindici materie), sono richieste l'analisi personale junghiana e le supervisioni di casi clinici, individuali e di gruppo. Al termine, superati gli esami e discusse le tesi teorica e clinica, l'allievo ottiene il titolo di Psicoterapeuta che ha valore legale. Con esso può essere registrato nell'elenco degli psicoterapeuti presso l'Ordine professionale cui è iscritto.
Lo psicoterapeuta ad indirizzo junghiano, per diventare socio analista del CIPA, deve svolgere un ulteriore periodo di formazione i cui tempi e contenuti vengono decisi, con un piano individuale personalizzato, dal Consiglio dei docenti dell'Istituto locale di appartenenza, ricordando che attualmente le sedi sono: Milano, Roma, Palermo. Decide poi il Comitato Direttivo nazionale in merito all'ingresso nel CIPA e nella IAAP, l'Associazione Analitica Internazionale (di cui il CIPA è membro autorevole) che dà spessore e visibilità universale alla visione junghiana, con la qualifica di Psicologo Analista e di socio.

Il Corso per Psicologi analisti dell'età adulta ha un target differente. L'ingresso esige di essere già in possesso del titolo di psicoterapeuta, oltre che di un'esperienza professionale già avviata in campo psicoterapeutico. Per ogni allievo, sulla base delle sue necessità formative, viene stilato un piano formativo individuale comprendente, oltre all'analisi personale e alle supervisioni, specifici seminari teorici. L'iter formativo non può durare meno di tre anni.
Al termine, l'allievo ottiene il titolo di Psicologo Analista, il cui valore è sì privato, ma ha una valenza specifica che qualifica l'operatore sul piano della variegata e diffusa offerta professionale. Con il titolo ottenuto, può essere fatta richiesta al Comitato Direttivo nazionale di entrare a far parte del CIPA e della IAAP con la qualifica di socio analista.

Il Corso per Psicologi analisti dell'età evolutiva, attivo presso la sola sede dell'Istituto di Milano del CIPA, si rivolge anch'esso ha chi sia già in possesso della qualifica di psicoterapeuta e di una significativa esperienza professionale specifica. La durata è triennale e lo svolgimento segue una metodologia fondata sul lavoro di gruppo. Il Corso tratta della psicologia analitica applicata all'età dell'infanzia e dell'adolescenza e alla tematica del bambino nell'adulto, viste attraverso i contributi junghiani ed i loro sviluppi postjunghiani.
Al termine l'allievo ottiene il titolo di Psicologo Analista dell'età evolutiva. Con esso può richiedere al Comitato Direttivo nazionale di entrare a far parte del CIPA e della IAAP con la qualifica di Socio Analista.

 

L'analisi junghiana

L'analisi junghiana non ha come scopo immediato e prioritario la cancellazione dei sintomi del malessere. Così fosse, ci troveremmo all'interno di un discorso medico scientifico, non interessato a cogliere il senso del malessere ma solo a combatterlo. L'analisi, invece, non è governata dalle categorie delle scienze naturalistiche: è un' esperienza di vita di cui l'aspetto terapeutico, di argine alla sofferenza, è solo uno dei suoi elementi costitutivi.

Cogliere il senso dei conflitti interni ed esterni è il cuore dell'analisi junghiana. Un senso che, se colto, può aprire a quell'ampliamento complessivo della personalità che è il vero processo trasformativo cui mira l'analisi.
I sintomi, psichici e spesso fisici, all'interno dell'esperienza analitica vengono allora interpretati come la rivelazione di ciò che dentro di noi è nascosto o rifiutato (l'Ombra, secondo Jung) e che entra sulla scena in autonomia, disancorato da un centro psichico e spesso privo di consapevolezza circa il proprio manifestarsi.

Nel volgere ad un ampliamento della personalità (quell'unità complessiva indicata da Jung con il nome di Sé), l'analisi favorisce una messa in relazione più consapevole tra le varie componenti della psiche (i Complessi, secondo Jung) la cui dissociazione chiamiamo malattia. Questa messa in relazione è il procedimento Simbolico (da Sym-ballein, mettere insieme) propugnato da Jung, fonte di nuove immagini e di nuove sintesi psicologiche ed esistenziali.

Certo, la consapevolezza di ciò che si muove nella profondità della psiche non sarà mai piena. Come ebbe a dire Jung, “non esiste contenuto della coscienza che non sia inconscio sotto un altro aspetto” e, anticipando di molto gli sviluppi odierni dell'intera psicoanalisi, “l’inconscio non è un arsenale di materiale rimosso, di desideri infantili e simili elementi. Esso è invece molto di più: è la vita psichica prima, durante e dopo la presa di coscienza”. Il procedimento simbolico non fa relazionare solo parti inconsce correlate alla propria biografia; esso fa anche incontrare i motivi di fondo della storia collettiva degli esseri umani (gli Archetipi) che la biografia individuale fa emergere.

L'analisi junghiana non esaurisce allora sé stessa nella spiegazione causale o nella chiarificazione dei dinamismi psichici. E' un processo che promuove una tensione trasformativa, che di per sé non si conclude mai per intero e va certamente oltre l'analisi stessa, in una direzione che è sempre bifronte: realizzare un più pieno Adattamento alla storia, attuare (realizzare) più pienamente Sé stessi (l'Individuazione) nel rispetto del bene comune. Non in obbedienza ad un obiettivo già prefissato, ma in considerazione delle possibilità individuali e nel rispetto della situazione psichica del paziente, anche di chi non abbia capacità o disponibilità all'attività simbolica. Nella convinzione che la relazione analitica è già di per sé un atto simbolico trasformativo, per le novità che dischiude nel mostrare nuovi scenari e nel favorire nuove correnti di vita.